Per la pratica e la scrittura femminile delle Alpi

Luisa Rossi, Università degli Studi di Parma

Una ricca documentazione diaristica edita e inedita attesta come le donne, tradizionalmente destinate dalla storia e dalle culture a ruoli stanziali, abbiano in realtà partecipato al fenomeno del viaggio moderno come manifestazione di libertà e desiderio di conoscenza. 

Un interesse che esplode a partire dall’Ottocento: aristocratiche e borghesi, acculturate, educate nelle Belle Arti, sono donne che viaggiano anche da sole, dipingono all’acquarello, scrivono. 

Le Alpi si offrono, date le variazioni altitudinali, come successione di paesaggi e generi di vita diversi che solo lunghi spostamenti nel senso della latitudine possono eguagliare. 

Esse costituiscono, da sole, un “altrove” in tutti i sensi: un ambiente con il quale misurarsi fisicamente; un’alterità socio-culturale per chi proviene dai grandi centri europei; un luogo ricco di storia e di leggende. Dunque, un altrove “perfetto” non troppo lontano da casa, cosa che favorisce la mobilità femminile. 

A wealth of published and unpublished diary documentation attests to how women, traditionally destined by history and cultures to sedentary roles, actually participated in the phenomenon of modern travel as a manifestation of freedom and a desire for knowledge. 
An interest that exploded from the 19th century onwards: aristocrats and bourgeois, cultured, educated in the fine arts, they are women who also travel alone, paint in watercolours, and write. 
The Alps offer themselves, given the variations in altitude, as a succession of different landscapes and lifestyles that only long journeys in the direction of latitude can equal. 
They alone constitute an 'elsewhere' in every sense: an environment with which to measure oneself physically; a socio-cultural alterity for those who come from the large European centres; a place rich in history and legends. Therefore, a 'perfect' elsewhere not too far from home, which favours female mobility.
Henriette D'Angeville nella sua scalata al Monte Bianco.

Nella varietà di fonti reperite presentiamo due figure assai significative nell’apertura e chiusura della vicenda del viaggio storico femminile nella montagna alpina. 

La prima, Henriette d’Angeville, risalendo il Monte Bianco, inaugura la serie di donne che fra Ottocento e Novecento praticheranno le Alpi in viaggi intesi come esperienza intellettuale, culturale, fisica. 

La seconda, Maria Alberta Chiodo, è rappresentativa di quella gioventù borghese delle città del Nord Italia che dopo la Prima Guerra Mondiale è partecipe della nuova tendenza del turismo invernale nelle Dolomiti. 

Entrambe sono autrici di diari che, in quanto scritture “private” e testimonianze immediate, trascinano senza mediazioni il lettore nel clima (sociale, culturale e ovviamente anche meteorologico) e nei paesaggi in cui hanno effettuato le loro esperienze.

In the variety of sources found, we present two very significant figures in the opening and closing of the story of women's historical journey in the Alpine mountains. 
The first, Henriette d'Angeville, ascending Mont Blanc, inaugurated the series of women who, between the 19th and 20th centuries, would travel the Alps in journeys intended as an intellectual, cultural and physical experience. 
The second, Maria Alberta Chiodo, is representative of that bourgeois youth from the cities of northern Italy who, after the First World War, took part in the new trend of winter tourism in the Dolomites. 
Both are authors of diaries that, as 'private' writings and immediate testimonies, draw the reader without mediation into the climate (social, cultural and obviously also meteorological) and the landscapes in which they carried out their experiences.

Henriette d’Angeville (1794-1871) appartiene a una famiglia della piccola nobiltà francese di provincia, cresce nel castello di Lompnes, nell’alto Bugey (Giura meridionale). La montagna è per la giovane donna palestra del corpo e orizzonte culturale. Si trasferisce nel 1831 a Ginevra, da qualche decennio centro del turismo sportivo e laboratorio della scoperta scientifica della montagna. Henriette ha 44 anni quando, il 4 settembre del 1838, sfida il Monte Bianco riuscendo, a costo di un impegno fisico inaudito, a raggiungerne la vetta. Dell’impresa ci ha lasciato il Carnet Vert e l’Album composto del récit e di 49 disegni da lei commissionati ad artisti ginevrini sulla base degli schizzi fatti durante l’ascensione.

Henriette d'Angeville (1794-1871) belonged to a family of small French provincial nobility and grew up in the castle of Lompnes, in the upper Bugey (southern Jura). For the young woman, the mountains were a training ground for her body and a cultural horizon. In 1831, she moved to Geneva, a centre of sports tourism and a laboratory of scientific discovery in the mountains for a few decades. Henriette was 44 years old when, on 4 September 1838, she challenged Mont Blanc and succeeded, at the cost of an unprecedented physical effort, in reaching its summit. She left us the Carnet Vert and the Album composed of the récit and 49 drawings she commissioned from Genevan artists based on sketches made during the ascent.
Illustrazione a matita del pittore ginevrino Jules Hébert (1938).

Henriette d’Angeville racconta la genesi del progetto, il dissenso quasi unanime che suscitò, le predizioni catastrofiche, gli accordi con le guide, i preparativi, la descrizione del farraginoso abbigliamento, l’elenco delle provviste necessarie alla spedizione, il primo giorno di “facile” salita, il bivacco notturno, le enormi difficoltà fisiche dell’ultimo tratto che solo grazie a una formidabile forza di volontà Henriette riuscì a effettuare. 

E poi l’inebriante felicità dell’arrivo, l’immensità del paesaggio dominato, la leggerezza della discesa, i festeggiamenti del ritorno.

Negli anni successivi alla scalata del Bianco, Henriette continuò a cimentarsi con la montagna e lo farà fino a quasi settant’anni, salendo sulla vetta dell’Oldenhorn. I documenti di mano della d’Angeville e alcune sue lettere sono preziosi almeno per tre aspetti. Descrivendo la propria esperienza, la donna ricostruisce con ricchezza di particolari il clima complessivo della Chamonix di primo Ottocento, una realtà geografica in cui ormai quasi tutto – dalle nuove attività economiche indotte dalle presenze dei turisti, alle funzioni religiose, alle discussioni in piazza o nella locanda – ruota intorno alle spedizioni sul Bianco da parte di scalatori di tutto il mondo.

Henriette d'Angeville recounts the genesis of the project, the almost unanimous dissent it aroused, the catastrophic predictions, the agreements with the guides, the preparations, the description of the cumbersome clothing, the list of provisions needed for the expedition, the first day of the 'easy' ascent, the night bivouac, the enormous physical difficulties of the last stretch that only thanks to formidable willpower did Henriette manage to carry out.
And then the intoxicating happiness of the arrival, the immensity of the dominating landscape, the lightness of the descent, the celebrations on the return.
In the years following the ascent of Mont Blanc, Henriette continued to try her hand at the mountain and would do so until she was almost seventy years old, climbing to the summit of the Oldenhorn. The documents in d'Angeville's hand and some of her letters are valuable in at least three respects. By describing her own experience, she reconstructs with a wealth of detail the overall climate of early 19th century Chamonix, a geographical reality in which almost everything - from the new economic activities induced by the presence of tourists, to religious services, to discussions in the piazza or in the inn - revolved around expeditions to Mont Blanc by climbers from all over the world.

Più vicina alla vacanza montana moderna, l’esperienza di Marialberta Chiodo (1914-2015), nipote diretta di Domenico Chiodo, fondatore dell’Arsenale della Spezia.

Di Marialberta Chiodo resta l’autobiografia stesa fra il 1933 e il 1941. Si tratta di tre volumi manoscritti intitolati La mia vita nei quali Marialberta ricostruisce a posteriori, prima sulla base dei racconti di famiglia e della documentazione raccolta, poi dei propri ricordi, il periodo che va dalla nascita fino al 1933. Ai volumi autobiografici seguono altri sette volumi, che descrivono i viaggi in vari Paesi europei e i soggiorni montani compiuti fra il 1935 e il 1940. Tutti i suoi scritti sono rimasti inediti.

Closer to the modern mountain holiday, the experience of Marialberta Chiodo (1914-2015), direct niece of Domenico Chiodo, founder of the Arsenal of La Spezia.
Marialberta Chiodo's autobiography, written between 1933 and 1941, remains. It consists of three handwritten volumes entitled La mia vita (My Life) in which Marialberta reconstructs a posteriori, first based on family stories and collected documentation, then from her memories, the period from her birth to 1933. The autobiographical volumes are followed by a further seven volumes, which describe her travels to various European countries and stays in the mountains between 1935 and 1940. All of his writings have remained unpublished.
Pagine del minuzioso journal intime inedito di Marialberta Chiodo (1936).

La sua autobiografia è anche la biografia di un contesto sociale e di un’epoca: nella fattispecie Marialberta ci ha lasciato il ritratto pieno di particolari di uno spaccato d’Italia fra prima e Seconda Guerra Mondiale.

 Anche le relazioni dei viaggi europei, che la ragazza compie con i genitori nel quadro di un’educazione tradizionale di livello elevato, sono ritratti freschi e immediati che danno radici, già storiche, ai luoghi delle nostre esperienze di oggi: le città d’arte italiane, Parigi, Londra, Berlino, Vienna etc. Ma è qui più di tutto interessante soffermarci sulle descrizioni dei soggiorni in montagna, dove Marialberta inizia a recarsi in compagnia di alcuni amici genovesi nel 1935.

I resoconti di Marialberta Chiodo sono diari veri e propri, che non tradiscono velleità letterarie, anche se non mancano pagine di sensibilità “post-romantica” ispirate dalle bianche distese di neve a fronte delle masse scure delle abetine o dagli effetti dei raggi lunari sulle sagome delle Dolomiti. Sono gli scritti di una ragazza di buona famiglia che dei viaggi nelle stazioni sciistiche alla moda racconta, con una minuzia “topografica” (non a caso disegna sempre anche la piantina delle camere d’albergo), tutti i particolari: il contenuto del proprio bagaglio (abbigliamento sportivo, abiti da giorno, borsa di coccodrillo, abiti da sera); il viaggio materiale (i tempi lunghi del treno con i cambi obbligati); le compagne e i compagni; gli alberghi talvolta semplici, talvolta più di lusso che la ospitano; le pietanze dei pasti descritte con lo spirito di chi ha una buona cultura gastronomica; le libertà di comportamento (il fumo, lo champagne, qualche whisky); le feste danzanti di fine anno; il cinema, la messa la domenica e, naturalmente, le escursioni, lo sci, i paesaggi.

Her autobiography is also the biography of a social context and an epoch: in this particular case, Marialberta has left us a detailed portrait of a cross-section of Italy between the First and Second World Wars.
Even the reports of her European travels, which she made with her parents as part of a traditional high-level education, are fresh and immediate portraits that give roots, already historical, to the places of our experiences today: the Italian cities of art, Paris, London, Berlin, Vienna etc. But here it is most interesting to dwell on the descriptions of stays in the mountains, where Marialberta began to go in the company of some Genoese friends in 1935.
Marialberta Chiodo's accounts are true diaries, which betray no literary ambitions, even if there is no lack of pages of 'post-romantic' sensibility inspired by the white expanses of snow against the dark masses of fir trees or by the effects of moonlight on the silhouettes of the Dolomites. These are the writings of a girl from a good family who recounts, with 'topographical' meticulousness (it is no coincidence that she always also draws the floor plan of the hotel rooms), all the details of trips to fashionable ski resorts: the contents of her luggage (sportswear, day clothes, crocodile bag, evening clothes); the material journey (the long train times with the obligatory changes); her companions and companions; the hotels, sometimes simple, sometimes more luxurious, that host her; the meals described with the spirit of someone with a good gastronomic culture; the freedom of behaviour (smoking, champagne, some whisky); the end-of-year dance parties; the cinema, mass on Sundays and, of course, the excursions, skiing, landscapes.
La giovane fu partecipe della nascita del turismo sciistico a Cortina.

Le cinque “settimane bianche” di Marialberta, ancora connotate come esperienze borghesi, riflettono calligraficamente quella che sta diventando l’esaltante banalità del turismo sulle magnifiche Alpi al quale cittadini di ogni ceto, non molti decenni dopo, si affacceranno. Il primo soggiorno sciistico a Cortina d’Ampezzo Marialberta lo compie nell’inverno 1935-1936. L’inverno successivo (1936-1937) è per la seconda volta a Cortina. Nel 1938 sarà ancora nelle Dolomiti, nel rifugio Lavazé, per un’esperienza più spartana rispetto ai precedenti passatempi mondani cortinesi. E a Cortina tornerà, di nuovo, agli inizi del 1939. Nell’inverno 1939-1940 farà il suo quinto soggiorno sciistico nelle Alpi (a Cervinia e Breuil). La guerra interromperà soggiorni e scrittura.

Marialberta's five "white weeks", still characterized as bourgeois experiences, calligraphically reflect what is becoming the exhilarating banality of tourism in the magnificent Alps which citizens of all walks of life will experience, not many decades later. Marialberta made her first skiing trip to Cortina d'Ampezzo in the winter of 1935-1936. The following winter (1936-1937) he was in Cortina for the second time. In 1938 he will be again in the Dolomites, in the Lavazé refuge, for a more spartan experience compared to the previous social pastimes of Cortina. He returned to Cortina, again, at the beginning of 1939. In the winter of 1939-1940 he made his fifth skiing stay in the Alps (in Cervinia and Breuil). The war will interrupt stays and writing.